Resilienza italiana, anche gastronomica, post virus.

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resilienza italiana, anche gastronomica, post virus

di Alberto Bergamaschi – Alberto Bergamaschi/Facebook

Resilienza italiana, anche gastronomica, post virus.

Come disse Edoardo De Filippo nella commedia “Napoli milionaria”,

Adda passà ‘a nuttata.

È la speranza comune a tutti gli italiani, costretti da questa situazione eccezionale a fare (meglio, NON FARE) le cose a cui eravamo abituati da sempre, più per ottusa e cieca ripetitività che per reale consapevolezza.Si sperimenteranno, quindi, con poca convinzione, nuove consuetudini, spesso imposte dall’alto. Mi viene, però, da pensare che la forzatura dei cambiamenti di abitudini ti dà proprio la forza di fare cambiamenti, altrimenti impossibili per il nostro atteggiamento mentale bloccato e senza fantasia.
E, dopo che la nottata sarà passata, la luce del giorno ritornerà e con sé trascinerà una nuova situazione meteorologica. Ci potrà essere il sole consolatorio e propositivo oppure potrà apparire una grigia mattinata, che lascerà la psiche annoiata e con poca voglia di procedere.
Vedremo cosa ci porterà il destino.

Una resilienza consapevole, a favore di ambiente e benessere personale.

Questo incipit, immagino similare ad altri articoli sull’argomento, è sicuramente scontato, ma propedeutico a uno scritto che non vuole insegnare nulla sui vostri comportamenti nel futuro prossimo, né vuole accusarvi in modo indiscriminato rispetto ai vostri atteggiamenti del passato, ma cerca di fare ragionare su cosa è meglio per ognuno di noi, in senso soggettivo, e per la società nel suo complesso.
Cambieranno certamente delle cose, dovute a un rinnovato pensiero olistico trasversale, a un atteggiamento differente di empatia verso l’universo e a un interesse maggiore per il proprio reale benessere personale.

Il lavoro a distanza sarà sempre più diffuso e si scoprirà che la presenza di persona spesso è un retaggio del passato, un’abitudine non sempre necessaria. Come era per l’istituzione scolastica, per cui la presenza in loco dello studente è da sempre un tabù non contestabile, senza tenere conto in alcun modo di come si è evoluto, al giorno d’oggi, il passaggio dell’informazione. Poi, con la pratica, si scopre che siamo proprio noi, quelli della mia generazione, intermedia tra il pallottoliere e l’informatica spinta, che non riusciamo ad abituarci alle nuove regole. Le persone, infatti, come tutti sappiamo dagli studi fatti, possono essere uditive, visive o cinestetiche, a seconda che si privilegi il senso dell’udito, della vista o di tutti gli altri. Ovviamente con le persone che sono presenti nella stessa stanza, tutte e tre le tipologie possono essere ben rispettate. In un collegamento visivo l’unica esclusa è quella cinestetica, esattamente come quando si è davanti al televisore o nel caso della telefonata in cui viene ripreso l’atteggiamento di ascolto radiofonico, quello a cui è tolto il contatto visivo. Molto diverso, inoltre, è la possibilità di interagire che, nei due casi appena descritti, non è presente, mentre nelle lezioni scolastiche in remoto, sì.

Come detto, è solo questione di organizzazione e anche questi contatti online saranno completamente sdoganati e la presenza fisica utilizzata solo nei casi di effettiva necessità. D’altra parte sono molti decenni che le lezioni scolastiche in Australia vengono fatte, per gli alunni sperduti nel continente, attraverso le radio trasmittenti.
Basta solo organizzarsi, soprattutto mentalmente, e abituarsi alle nuove regole dei rapporti interpersonali e le soluzioni si trovano e non è detto che siano peggiorative. Pensate quanto si potrebbe risparmiare senza il trasferimento delle persone fisiche per raggiungere il luogo di lavoro o l’edificio scolastico, soprattutto di inquinamento e di perdita di tempo. In pochi mesi, già ora, la natura ha prima purificato l’ambiente e poi gli animali hanno ripreso possesso dello spazio da cui erano stati cacciati.
Ma al di là di questa rivincita ecologica della natura contro il maggiore devastatore del pianeta che è l’uomo, vorrei concentrarmi sull’aspetto gastronomico/alimentare.

Un evento eccezionale può portare a scelte consapevoli, anche a tavola.

In questo periodo, al di là di quanto si riusciva a fare arrivare a casa, c’è stata la necessità di prepararci da mangiare con il non facile reperimento degli ingredienti, utilizzando, spesso, una metodologia a volte complessa per il loro acquisto, di solito al di fuori della provenienza della GDO. Ci si è rivolti, quindi, ai piccoli negozi che, immediatamente, hanno offerto la consegna a domicilio, usufruendo al massimo di questo revanscismo qualitativo. Dovevamo avere, quindi, le idee chiare e le informazioni giuste, per fare in fretta e non allungare ulteriormente le tempistiche necessarie e per scelte qualitative adeguate.
Ci si è concentrati quindi non sull’aspetto ludico del pranzo, ma più su quello qualitativo, curando il benessere dell’organismo, capendo finalmente l’importanza che un alimento funzionale ha per la nostra risposta organica contro un attacco esterno.

Era, o è stata vista, come situazione disperata, per cui c’era la massima concentrazione sull’obiettivo e non, come al solito, sui problemi e si è cambiato anche l’obiettivo gastronomico che è passato da essere un momento prettamente conviviale tra amici a uno in cui c’era una valutazione approfondita rispetto al benessere della persona.
Il primo chakra si è elevato, e la sopravvivenza si è modificata in consapevolezza.
Quanto durerà il cambiamento? Sarà permanente o transitorio? La risposta è la stessa della domanda, se faremo mai delle scelte consapevoli o saremo sempre dipendenti dagli input mirati che ci arrivano da tutte le parti.
Per farci cambiare c’è voluto un evento eccezionale, durato qualche mese, vedremo se è bastato per rompere la routine.
Io sono ottimista.

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