Si è chiusa il 9 novembre scorso Ecomondo, Fiera internazionale della Green e Circular Economy. Un salone che da 22 anni accompagna l’evoluzione delle produzioni e delle tecnologie dedicate alla sostenibilità ambientale in Italia e nell’area Mediterranea e che da sette edizioni ospita gli Stati Generali della Green Economy.
In quest’ultimo contesto durante 2 giorni fitti di presentazioni e dibattiti si sono discussi dati e presentate strategie per la crescita economica e sostenibile del nostro Paese nei prossimi anni.
Il ruolo strategico dell’agroalimentare biologico italiano
Il settore agroalimentare è ovviamente in prima linea su questo fronte. L’obiettivo è assicurare cibo per un mondo sempre più popolato attraverso un’agricoltura che, nella gestione del territorio e della fertilità del suolo, garantisca sostenibilità e resilienza.
Con Expo 2015 aveva preso il via un ampio dibattito sul modello dell’agricoltura italiana, tra innovazione e tradizione.
La risposta è stata associare la sostenibilità alla qualità della produzione: in effetti il mercato globale, carente di sistemi di controllo e normative internazionali efficaci, consente spesso la circolazione di prodotti inadeguati sia in termini di impatto ambientale che di sicurezza. La scelta strategica dell’Italia è quella della valorizzazione della qualità dei nostri prodotti e dei nostri controlli, passando per la sostenibilità.
Scelta ampiamente accolta dagli stakeholders, dagli addetti ai lavori ai consumatori.
La prima evidenza di questo trend sta nella superficie nazionale condotta con metodi biologici che nel 2017 ha raggiunto quasi i 1,8 milioni di ettari, il 20% in più rispetto all’anno precedente. La superficie dedicata al biologico è ormai pari al 14,% dell’intera Sau (Superficie Agricola Utilizzata) contro il 12% del 2016. Il nostro Paese è secondo solo alla Spagna per ampiezza della superficie coltivata con criteri biologici, seguita da Francia e Germania. Non è un caso che la crescita della superficie a biologico corrisponda ad una sostanziale stabilità del consumo di fertilizzanti, già in graduale riduzione negli ultimi anni (-0,7% tra il 2010 e il 2015), così come ad una riduzione dell’impiego di fitofarmaci: meno 22,2% tra il 1990 e il 2015. Gli operatori complessivi del biologico sono 72.154 di cui 55.567 produttori esclusivi, con un incremento del 20,3% rispetto al 2015; le aziende agricole biologiche rappresentano il 4,4% di quelle totali.
Il nuovi paradigmi del bio: la sfida del cambiamento climatico, l’uso di risorse naturali e nuovi modelli economici
Parallelamente la sfida ai cambiamenti climatici e l’introduzione di sistemi produttivi che efficientano l’uso delle risorse (acqua e suolo innanzitutto) hanno portato in questo campo a mutamenti significativi del modello economico tradizionale. Secondo i dati della rilevazione annuale del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), le aziende biologiche mostrano una migliore capacità di sfruttamento di fonti di reddito parallele da attività connesse (come attività agrituristica, fattorie didattiche, contoterzismo, produzione di energia, affitti attivi, ecc.) e un reddito netto superiore, se paragonati a quelle convenzionali.
La crescita della superficie coltivata con metodi biologici è legata a quella della produzione di qualità certificata e alla fine del 2016 raggiungeva poco meno di 15 miliardi di euro. Questo valore include produzioni riconosciute come DOP e IGP ma anche prodotti alimentari certificati bio, ed è in progressiva crescita: rappresenta poco meno del 18% dell’intero valore della produzione agroalimentare nazionale e il 22% del valore dell’export agroalimentare italiano.
Le linee strategiche di sviluppo per l’agricoltura hanno ampiamente sostenuto le iniziative di conversione e del mantenimento dell’agricoltura biologica attraverso una Misura dedicata del PSR (la 11) e un finanziamento pari a 1,69 miliardi di euro complessivi, il 9,1% delle risorse pubbliche stanziate per i PSR 2014-2020 in Italia. Questa cifra potrebbe essere raddoppiata nella prossima programmazione, nel triennio 2021- 2023 con l’obiettivo di incrementare le superfici investite a biologico di 250.000 ha/anno per i prossimi cinque anni.
Nella stessa direzione è la riforma della Politica Agricola Comune per il periodo 2021- 2027 che di recente ha cominciato il suo percorso e rappresenta un’importante occasione: in questo senso la volontà di creare benefici economici, ambientali e sociali deve ispirare l’identificazione di strumenti e misure idonee.
Tecnologia e soluzioni sostenibili lungo tutta la filiera
Ma l’evoluzione green del settore agroalimentare non si ferma al campo ed arriva fino alla tavola. L’innovazione sostenibile prende slancio da nuove e performanti tecniche agronomiche (agronomia di precisione, scelta e selezione di varietà resilienti…), fino ad includere anche tecniche (e norme…) che permettono di allungare la vita commerciale dei prodotti alimentari e ridurne così lo spreco. Anche il recupero di nutrienti dalle acque reflue della lavorazione (nitrati e fosforo innanzitutto) da riusare come fertilizzanti sono obiettivi importanti in un’ottica di economia circolare: basti pensare che il 22% del fabbisogno globale di fosforo potrebbe essere soddisfatto dal recupero da acque reflue.
Allo stesso modo l’approccio circolare al business delle risorse passa anche dalla valorizzazione dei sottoprodotti attraverso la trasformazione di scarti e il loro utilizzo come mangimi e biomassa per produrre energia, oppure da incorporare nel suolo per aumentare il contenuto di materia organica dello stesso, migliorandone in questo modo la fertilità. Infine anche i consumatori possono fare la loro parte se si considera che in Italia, a tavola si buttano quasi 13 miliardi di euro all’anno di derrate alimentari perché non consumate.
In questo senso sono d’aiuto stili di vita più sobri e consumi alimentari ridotti e consapevoli e sobri, sulla base di molteplici R: ripensare, ridefinire, ridurre, riutilizzare, riciclare, recuperare le risorse.
Obbiettivo: fare in modo che la sostenibilità economica e ambientale si rifletta in sensibilità e comportamenti idonei, diffusi in modo capillare.
Un grande cambiamento culturale in primo luogo, che Bioqualità e i suoi consulenti sono pronti ad accompagnare.