Etichette – quarta parte: i botanicals
L’utilizzo di componenti di origine vegetale come integratori o come ingredienti attivi nelle preparazioni alimentari è sempre più frequente ed apprezzato. Facciamo chiarezza sui botanicals dal punto di vista normativo, prendendo spunto da un caso studio recente, quello della curcuma.
Erbe, erbe delle mie brame…
Poco più di un anno fa usciva l’aggiornamento normativo sui botanicals, cioè su tutti quegli ingredienti di origine vegetale cui per tradizione erboristica vengono attribuite qualità funzionali e metaboliche particolari. Nello specifico parliamo della “Disciplina dell’impiego negli integratori alimentari di sostanze e preparati vegetali”, ovvero del Decreto Ministeriale del 10 agosto 2018, un provvedimento tutto italiano che include l’elenco di tutte le piante utilizzabili negli integratori. Non solo, nell’ultima versione dell’elenco pubblicato con decreto ministeriale del 9 gennaio scorso, si specifica per ciascuna essenza vegetale quali parti sono utilizzabili, quali proprietà funzionali possono essere pubblicizzate, quali sono le eventuali avvertenze e limiti di utilizzo da inserire in etichetta relativamente a dosaggi o a fasce di popolazione per cui il consumo è sconsigliato (ad esempio bambini, donne in gravidanza, ecc.).
La prima versione del provvedimento, cioè il primo elenco di botanicals utilizzabili negli integratori, è del 9 luglio 2012. Da tempo si sentiva la necessità di questa norma: a livello europeo, dove bene o male si decidono gran parte delle regole che riguardano il settore agroalimentare, non è mai stata emanata una specifica a proposito. La normativa comunitaria infatti dal 2002 a tutt’oggi considera e definisce le specifiche da seguire solo per gli integratori a base di vitamine e/o minerali, lasciando per ora, che gli altri possibili ingredienti siano normati a livello nazionale.
L’elenco delle piante proposte sul mercato degli integratori e che quindi chiedono di essere autorizzate è in costante aggiornamento: dopo il 10 agosto 2018, già nel gennaio 2019 ecco una nuova versione, con nuove essenze. Ma una norma che tratta prodotti, quello degli integratori e più in generale dei superfood (alimenti con proprietà importanti dal punto di vista funzionale e metabolico) alla continua ricerca di nuovi ingredienti, è destinata ad essere modificata più volte, sia perché un sempre maggior numero di specie vegetali sono ammesse per l’integrazione alimentare, sia perché quelle stesse, autorizzate e quindi poi vendute, alla luce dell’esperienza di consumo sul campo a volte hanno poi bisogno di un “ritocco” nelle indicazioni d’uso, nelle avvertenze, nelle quantità o nel dosaggio.
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Il recente caso della curcuma
È stato proprio questo il caso della curcuma, pianta della famiglia delle Zingiberacee, (la stessa famiglia dello zenzero) originaria dell’Asia sud orientale ma ormai super-sdoganata nelle nostre preparazioni. Nota e utilizzata da tempo per le sue doti aromatiche (è una delle spezie utilizzate nella produzione del curry), attualmente è consumata anche per le importanti proprietà metaboliche e salutistiche da sempre conosciute in Oriente e ora anche nel resto del mondo.
Nonostante non si possa parlare di una nuova essenza, il suo uso come integratore è stato di recente messo in stand-by per alcuni effetti secondari sul fegato, riscontrati a seguito del consumo di prodotti a base di curcuma di diversi marchi e provenienze.
Di curcuma in realtà ce ne sono di diverse specie tra quelle utilizzabili per gli integratori. Si va dalla Curcuma longa alla Curcuma xanthorrhiza e alla Curcuma zedoaria: tutte bene o male con le stesse caratteristiche e proprietà. Anche la provenienza è un elemento distintivo: c’è la curcuma di origine indiana, quella cinese e quella africana; ciascuna con caratteristiche simili ma non uguali. Caratteristiche che variano ulteriormente in funzione della tecnica di estrazione e lavorazione dei preparati.
Della curcuma si utilizza la radice, ridotta in polvere; le proprietà attribuite e riconosciute e pubblicizzabili in linea col decreto ministeriale del 9 gennaio 2019 si riferiscono in particolare alla funzione digestiva, a quella epatica, alla proprietà antiossidante, alla funzionalità articolare, nonché alla capacità di contrastare disturbi del ciclo mestruale.
Per la crescente disponibilità sul mercato e il sempre maggiore interesse verso le qualità salutistiche della curcuma, il consumo è andato crescendo negli ultimi anni. Recentemente sono stati registrati un certo numero di casi di epatite colestatica collegati col consumo di diversi integratori a base di curcuma e, solo dopo alcuni mesi di studio ed accertamenti, si è arrivati alla conclusione che erano riconducibili a un consumo intensivo di curcuma in condizioni di sensibilità individuale alla curcumina (principio attivo della curcuma) o di alterazione delle funzioni epatiche e biliari e, ancora, anche a un concomitante uso di farmaci. Anche la concentrazione di curcumina può avere una importanza significativa a proposito.
A seguito di questo incidente, con un decreto del 26 luglio 2019 sono state modificate le informazioni da riportare sull’etichetta degli integratori a base di Curcuma longa: in particolare diventa obbligatoria una avvertenza che ne sconsiglia il consumo in caso di problemi epatici e/o biliari e che invita a sentire il parere del medico in caso di uso concomitante di farmaci. Sono stati inoltre vietati i riferimenti, prima autorizzati, alle proprietà stimolanti della curcuma sulle funzioni epatiche e digestive.
L’adeguamento delle etichette dovrà essere fatto entro la fine di quest’anno, anche per gli integratori già autorizzati e in commercio.
La normativa sui botanicals è necessariamente in continua evoluzione, quindi, come si evince da questo caso.
Ma le modifiche presumibilmente in futuro non riguarderanno solo avvertenze e indicazioni d’uso. Una importante evoluzione delle regole infatti potrebbe riguardare la titolazione degli estratti vegetali e dei preparati, come sottolineato dallo stesso gruppo di lavoro sui botanicals. Le piante e i loro derivati infatti, essendo di origine naturale, sono ovviamente soggetti a variabilità legate a fattori ambientali, climatici, genetici e alla manualità e tecnica di estrazione. Estrazione e preparazione che si ripercuotono sulla sicurezza del prodotto, da monitorare e regolamentare, ma che influenzano grandemente anche l’attività funzionale del prodotto stesso e quindi fanno la differenza tra un integratore e…l’acqua fresca.
Ricordando che, anche se la stessa acqua fresca è importante per un buon funzionamento del nostro metabolismo, non giustifica il prezzo che alcuni integratori riescono a spuntare! Perciò sì agli integratori a base di estratti di erbe, a patto di avere regole chiare che proteggano i consumatori e i produttori più seri.
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